Per capire il CCIT e il suo spirito
Rivisitiamo gli inizi del Comite Catholique International pour les Tsiganes
Per situare il CCIT: la sua storia, la sua spiritualità.
Elisa e Léon Tambour
Il 25 gennaio 1976 si riunirono a Parigi 9 persone di 4 paesi differenti che si trovavano là per riflettere sul Vangelo presso gli Zigani, che iniziava a conoscere, accanto alla presenza tradizionale della Chiesa Cattolica, anche il Pentecostalismo. Un incontro informale, cui seguirono molti altri, fino a oggi, in cui il CCIT raccoglie abitualmente più di cento persone, apparteneti a una ventina di paese europei. Animatore ne fu Yoskà, cioè l’abbé André Barthélemy e insieme a lui una coppia belga, Elisa e Léon Tambour: per questo il gruppo nasce francofono! Yoska ci ha lasciati nel 1991, all’età di 76 anni. Elisa e Leon[1] ci seguono dal Belgio, per ragioni di salute. Ma la loro presenza è ancora viva in mezzo a noi.
Gli inizi, nell’entusiasmo del Concilio, furono dunque informali e spontanei, gioiosi e fraterni e queste caratteristiche ci accompagnano anche oggi, anche se siamo più strutturati di allora.
[1] Léon ci ha lasciato nel 2021
Una caratteristica segnò i primi anni: la preoccupazione per i paesi dell’Europa Centrale e dell’Est, in cui la situazione della Chiesa e degli Zigani (che in questi territori sono più numerosi!) era particolarmente difficile a causa del comunismo e dell’inaccessibilità che il regime imponeva.
Viaggi semi clandestini in questi paesi permisero di creare dei contatti che avrebbero avuto un seguito, anticipando con speranza – primi partecipanti dell’est nel 1982! – quello che oggi è una realtà. L’associazione è cattolica, animata tuttavia da spirito ecumenico; in molti paesi è strettamente legata alla pastorale ecclesiale, e tuttavia anche aperta a libere e laiche adesioni. Nella denominazione mantiene il sostantivo “Zigani”, anche se non in tutti i contesti linguistici è ugualmente apprezzato, e gli si preferisce l’autodenominazione “Rom”, anch’essa prestata a rappresentare denominazioni diverse (Sinti, Manousches, Kalé…)
Nel frattempo, Il CCIT è evoluto anche nella sua organizzazione interna : si è dotato di una carta – che alleghiamo – e di un regolamento interno che ne organizza il funzionamento e l’elezione dei responsabili da parte dei membri, che sono attualmente 63…, ovviamente alcuni sono Rom, altri non/Rom, Zigani e non/Zigani! Per essere membri bisogna aver assistito ad almeno tre incontri, essere disposti a condividere le proprie esperienze e fare domanda di iscrizione. Il sacerdote Piero Gabella è stato, dopo Léon Tambour, il primo presidente eletto secondo il nuovo regolamento; adesso ha questo incarico il sacerdote Claude Dumas.
Ogni incontro annuale ha luogo in un paese differente, cosa che mostra in modo evidente la preoccupazione « internazionale » del CCIT. I 45 incontri hanno avuto luogo in 16 paesi, 8 dei quali dell’ Europa Centrale e dell’ Est.
La scelta dei temi illustra la preoccupazione di una vicinanza con le realtà vissute dagli Zigani, sia dal punto di vista religioso che civile. Esempi dei temi trattati: « Accogliere la diversità: arricchimento o impoverimento? » « Essere artigiani di pace di fronte al fenomeno dell’antiziganismo», « L’ascolto della voce di Dio e della voce degli Zigani ». Questo anno, riflettiamo su quanto papa Francesco suggerisce: “La santità della porta accanto. Il dialogo come criterio e metodo”.
Un’ attività del CCIT è tuttora l’edizione semestrale, in 5 lingue e a 700 esemplari, della piccola rivista Nevi Yag (Fuoco nuovo) ; il primo numero è uscito nel dicembre 1984 ed era stato preceduto da « Le Courrier » (qualche pagina ciclostilata) che è apparso 7 volte, di cui la prima nel luglio 1980.
La preoccupazione di farsi conoscere del CCIT è dunque già apparsa 4 anni dopo la sua nascita! Nevi Yag non è una rivista « erudita »: il suo settore è quello della semplicità. Il suo scopo è di contribuire, attraverso un linguaggio semplice e delle esperienze concrete a una migliore conoscenza del mondo zigano e del suo modo di vita per sviluppare un ‘apertura di cuore e di mente!
La spiritualità
Fin dall’inizio, e questo si è confermato in seguito, il CCIT ha creato un ambiente, una mentalità che collegano intimamente la realtà degli Zigani a una dimensione spirituale e le danno una specificità propria, buona da vivere e, riteniamo, utile anche per la Chiesa tutta
Qualche parola infine sulla SPIRITUALITÀ del CCIT.
Questa spiritualità è un regalo ricevuto dagli Zigani stessi, che trova la sua origine nella relazione che noi viviamo assieme non appena entriamo con loro in una vera familiarità. Ѐ la « spiritualità della tazza di caffè » (della porta accanto, delle piccole attenzioni!) ricevuta o offerta, in tutti i casi condivisa ; è in questa forma semplice ma tonica (energetica, profonda) che ha luogo lo scambio e dunque la scoperta reciproca dell’altro, su una base di eguaglianza, malgrado tutte le differenze. Se la spiritualità è rafforzata dai valori evangelici, una tale scoperta delle sofferenze altrui, delle loro gioie, delle loro aspirazioni, delle loro ricchezze, genera l’amicizia. E l’amicizia non è un “cammino verso la pastorale”, è già, in se stessa, una Pastorale a dimensione umana, è una spiritualità.
Ed è questa relazione, se è vissuta nella verità tra Zigani e non/Zigani, che il CCIT vuole riprodurre nel suo seno.
Ѐ in questo modo che il CCIT vuole essere uno spazio di gratuità, di libertà, di fraternità che collega intimamente l’attualità e la realtà sempre nuova degli Zigani con il senso cristiano del nostro impegno.
Spazio di gratuità: il CCIT non sviluppa progetti umanitari in quanto tali. Ridurre la distanza secolare che separa gli Zigani da una parte e la Chiesa e la società dall’altra, non si contratta.
Il CCIT dunque non sviluppa « progetti umanitari », ma certo non li disprezza, al contrario, ma privilegia la qualità della relazione senza la quale nessun cammino comune è possibile. Lottare contro il disprezzo o l’indifferenza secolare, ma ancora presente, di cui gli Zigani sono vittime, ritessere un tessuto sociale degradato che isola i più deprivati è un lavoro impegnativo e di lunga durata che non ha soltanto un carattere istituzionale. Richiede una prossimità gratuita che chiamiamo a volte solidarietà.
Spazio di libertà. Le differenze, in seno del CCIT, sono enormi : noi siamo d’origine, di lingua, di cultura, di concezione della Chiesa differenti. Che si sia prete, religioso o laico, di differente confessione, Zigano o Gadgo (=non/Zigano), uomo o donna, che si sia anche come si dice, « progressista » o ancora « conservatore », ognuno può avere il proprio posto al CCIT, e nessuno è di per sé un intruso ; e non si tratta soltanto di accettare le differenze, ma di amarle per arricchirsene !
Spazio di fraternità. Non una fraternità adulterata che non sarebbe altro che un fraternalismo ingannevole, ma una comunione viva animata dallo Spirito e arricchita dalla gioia, qualche volta sfrenata , di essere insieme con un ideale comune : una fraternità gioiosa poiché noi siamo i figli di uno stesso Padre in una Chiesa che deve essere accogliente per tutti e dunque sorridente.
La preghiera è molto presente negli incontri del CCIT, e alimenta gli scambi e la fraternità. E’ anche un’eredità di Yoskà che non avrebbe potuto immaginare un’attività pastorale senza ritemprare lo spirito nella preghiera. Due Eucaristie sono celebrate durante la sessione, che è sempre aperta dal « Salve Regina », che Yoskà amava molto e che è diventata in sua memoria l’inno del CCIT
Un’ ultima parola che potrebbe essere il coronamento della storia e della spiritualità del CCIT e che può essere quella del suo avvenire. Quello che è importante per il CCIT, non è il CCIT in sé stesso: è un mondo in cui Zigani e non/Zigani siano insieme nella pace, nella giustizia, nella gioia.
Per questo il CCIT fugge forme troppo strutturate, pur non disprezzandole ove vi siano, apprezza lo studio e gli esperti, ma mantiene semplicità e freschezza, perché nessuno sia escluso. La sua missione ancora attuale, trova infine la sua radice nel Vangelo: essere un piccolissimo seme piantato con una gioia fraterna e una fiducia incondizionata, un seme che sarà tanto più fecondo quanto più è piccolo, fragile e discreto!